La voce che giudica
- Sara Costa
- 13 ore fa
- Tempo di lettura: 3 min
Appunto 4 - Mindfulness per musicisti
Chiunque abbia studiato uno strumento conosce bene il rumore invisibile che accompagna le ore di studio.
Non è il metronomo, non sono i vicini.
È la voce interna: a volte incoraggia, ma molto più spesso giudica, pressa, pretende.
Negli anni ho notato, sia nei miei studenti che in tanti giovani musicisti con cui parlo, che questa voce può diventare più faticosa dello studio stesso.
È sottile, instancabile, spesso automatica.
E, quando non riconosciuta, finisce per condizionare:
• il modo in cui ci percepiamo
• la fiducia nelle nostre capacità
• la qualità dell’attenzione
• e persino la riuscita tecnica del gesto
Questo Appunto nasce per portare luce su quella voce — e per imparare a trasformare il dialogo interno in qualcosa che accompagna, anziché ostacolare.
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🌱 Il rumore mentale nel musicista
Il giudizio interiore non arriva quasi mai come un pensiero chiaro.
Arriva come:
• tensione improvvisa
• frasi che passano velocemente (“non va”, “non sono capace”, “oggi non è giornata”)
• irritazione verso se stessi
• bisogno di controllo totale
La cosa più ingannevole è che ci sembra “normale”.
Come se per migliorare dovessimo per forza spingerci, correggerci, sorvegliarci.
Ma la ricerca psicologica dice l’opposto:
più ci giudichiamo, meno apprendimento avviene.
L’attenzione si chiude, le possibilità diminuiscono, il corpo si irrigidisce.
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🌱 Gli errori tipici: riconoscerli cambia tutto
Quasi tutti i musicisti cadono in almeno uno di questi schemi mentali:
• Catastrofismo
Ogni errore diventa un segnale di fallimento:
“se sbaglio qui, non sarò mai pronto/a”.
• Controllo totale
L’illusione che la perfezione derivi dall’iper-vigilanza:
“devo stare attento/a a tutto”.
• Perfezione come identità
Non è solo: “devo suonarlo bene”.
È: “devo essere bravo/a”.
• Ruminazione
Ripasso ossessivo degli errori, anche lontano dallo strumento.
• Confronto continuo
Ogni passo è misurato contro il il talento o il “successo” degli altri.
Questi schemi non sono “colpa nostra”.
Sono abitudini mentali radicate, spesso apprese nella formazione musicale.
La buona notizia è che si possono allentare.
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🌱 Come la mindfulness scioglie la critica
La mindfulness non elimina il giudizio. Nessuna pratica può farlo.
Ma cambia la relazione che abbiamo con esso.
• Vedere il pensiero senza credergli
Come dice Kabat-Zinn:
“I pensieri sono eventi mentali, non fatti.”
Quando appare la voce critica, non è necessario obbedirle.
• Dare un nome al critico
“Ecco la voce perfezionista”,
“Ecco la voce che vuole il controllo”.
Nominarla la rende meno potente.
• Micro-pause
Ogni tanto, in mezzo allo studio:
respiro - spalle - mani - qualche riga senza giudizio.
Sono pause di presenza, non di rinuncia.
• Parlare a sé come a un allievo
Se un tuo allievo ti dicesse “sono un disastro”, cosa gli risponderesti?
Perché verso noi stessi scegliamo parole che non useremmo mai con qualcun altro?
La gentilezza non è debolezza.
È ciò che permette di restare aperti abbastanza da imparare.
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La musica nasce meglio quando non suoniamo contro noi stessi.
Mindfulness non significa “pensare positivo”, ma creare uno spazio in cui possiamo lavorare, imparare e progredire senza la pressione costante della voce che giudica.
È un lavoro sottile, di attenzione e di cura.
Ed è uno dei doni più grandi che possiamo fare alla nostra musica.
Spero che questo appunto sia stato utile.
A presto,
Sara
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